Manet e la Parigi moderna


Dall’8 marzo al 2 luglio 2017, il Palazzo Reale di Milano, in Piazza Duomo, ha ospitato la rassegna “Manet e la Parigi moderna”.
La mostra raccontava il percorso artistico del pittore francese Éduard Manet (1832-1883) e il ruolo che ha avuto nella storia dell’arte europea e, in particolare, nel mondo artistico di Parigi, all’epoca molto vivace.
Per l’occasione, le riviste “ChaChario”, notiziario ufficiale del Camper Club “Challenger & Chausson””, e “Il Campeggio Italiano”, edita dalla Confederazione Italiana Campeggiatori, avevano pubblicato il presente articolo.


Édouard Manet (Parigi, 23 gennaio 1832 – Parigi, 30 aprile 1883) è stato un pittore francese, considerato il maggiore interprete della pittura pre-impressionista.

L’artista

Édouard Manet
Autoritratto con tavolozza
1878-1879
New York – Collezione privata


Nacque in una famiglia ricca e influente e sembrava destinato a diventare giudice come il padre ma, appassionato di arte fin da giovanissimo, per evitare di intraprendere gli studi giuridici, decise di imbarcarsi come marinaio. Ben presto abbandonò la Marina e, a diciotto anni, si dedicò agli studi di pittura e, in aperto contrasto con la pittura di tradizione, iniziò a dipingere i suoi soggetti in pose quotidiane, per ottenere una resa più realistica.

I viaggi in Italia, Olanda, Austria e Germania aiutarono Manet ad allargare i suoi orizzonti artistici: rimase particolarmente impressionato dalle opere di Giorgione, Goya, Velazquez e Tiziano.

Sulla definizione del suo stile, notevole influenza ebbe anche la conoscenza delle stampe giapponesi. Nell’arte giapponese, infatti, il problema della simulazione tridimensionale viene quasi sempre ignorato, risolvendo la figurazione solo con la linea di contorno sul piano bidimensionale.
Manet fu un pittore poco incline alle posizioni avanguardistiche. Egli voleva giungere al rinnovamento della pittura operando all’interno delle istituzioni accademiche. E, per questo motivo, egli, pur essendo il primo dei pittori moderni, non espose mai con gli altri pittori impressionisti.

Manet e l’Impressionismo

L’impressionismo è un movimento pittorico francese che nacque intorno al 1860 a Parigi, grazie ad un gruppo di artisti coraggiosi che, in contrasto con le ferree regole imposte dalla cultura accademica dell’epoca, decisero di disubbidirle considerandole antiquate, perché ritenevano fosse scorretto porre freno alla creatività.
La vicenda dell’impressionismo durò poco meno di venti anni: al 1880 poteva già considerarsi conclusa, lasciando, tuttavia, un’eredità con cui faranno i conti tutte le esperienze pittoriche successive.

Il termine “impressionismo” venne utilizzato, inizialmente, in senso dispregiativo; indicava, infatti, un’apparente incompletezza delle opere, e fu coniato dal giornalista Louis Leroy in una critica negativa all’opera di Monet, “Impression, soleil levant” del 1872.

La tecnica impressionista nasceva dalla scelta di rappresentare solo e soltanto la realtà sensibile, e, per far ciò, cercava di riprodurre quello che vedeva l’occhio umano con la maggior fedeltà possibile. Ciò che più contava era l’impressione che un determinato stimolo esterno suscitava nell’artista in base alle sensazioni provate in quell’istante.

La grande specificità del linguaggio pittorico stava soprattutto nell’uso del colore e della luce: gli elementi principali della visione.
La grande rivoluzione era la realizzazione dei quadri non negli atelier, ma direttamente sul posto, ciò che, con termine usuale, viene definito “en plein air”. Le opere descrivevano la vita nei caffè, nelle strade, nelle campagne, nei paesaggi, nei locali notturni, che gli artisti rappresentavano esattamente lì dove il loro sguardo osservava.

I protagonisti dell’impressionismo furono soprattutto pittori francesi: Claude Monet, il maggiore rappresentante di tale corrente artistica, Auguste Renoir, Alfred Sisley, Camille Pissarro e, seppure con qualche originalità, Edgar Degas.

Edouard Manet fu, in realtà il precursore del movimento, e per il suo grande carisma, con questi artisti, sviluppò un intenso rapporto di scambio intellettuale e di amicizia, ma, nonostante questi rapporti, non accettò mai di far parte del gruppo impressionista, né espose mai nelle mostre organizzate dal gruppo stesso.


L’artista era convinto che l’unica strada per il successo fosse ottenere l’approvazione dell’ambiente borghese dove era nato e cresciuto, ma si sbagliava: il “Salon”, la più importante esposizione organizzata di pittura e scultura nella Francia dell’Ottocento, era per gli artisti un eccellente biglietto di presentazione per gli acquirenti importanti, ma anche il covo di una cerchia bigotta e completamente chiusa alle innovazioni.
Per esservi ammessi occorreva superare il vaglio di una giuria che selezionava le opere secondo i criteri rigidi e superati della pittura tradizionale.

Nel 1863 una commissione particolarmente conservatrice decise di eliminare ben tremila opere, causando la sollevazione degli esclusi e l’intervento dell’imperatore Napoleone III che decretò l’apertura di un parallelo “Salon des Refusés”, in cui erano collocati i lavori rifiutati.

La colazione sull’erba


Ed è proprio in quest’ultima esposizione che il giovane Manet presentò “La colazione sull’erba” (Le déjeuner sur l’herbe), il quadro che avrebbe sconvolto gli schemi accademici ormai frusti, aprendo la strada alla successiva pittura impressionista.

Édouard Manet
Colazione sull’erba
1862-1863
Parigi – Museo d’Orsay

Il quadro raffigura una “colazione”, ossia un breve pasto, all’aperto, in un bosco, tra gli alberi, e vede protagonisti due uomini e due donne.
I due uomini sono interamente vestiti in abiti borghesi, e stanno piacevolmente conversando distesi sull’erba. La donna in primo piano è, invece, completamente nuda, in una posizione naturale e disinvolta, con lo sguardo rivolto all’esterno del dipinto verso lo spettatore.
In secondo piano, una seconda donna, con una leggera sottoveste, si sta rinfrescando in un torrente.
Nell’angolo a sinistra del dipinto sono visibili i resti del pasto, raffigurati come una natura morta: una cesta con qualche frutto, una bottiglia vuota e del pane sono poggiati sugli abiti della donna.


L’opera suscitò grande scandalo. Per la mentalità borghese dell’epoca, il nudo era ammesso solo se inserito in contesti mitologici, e non certo in una scena che poteva rappresentare un qualsiasi pomeriggio sulla Senna, con, in primo piano, una bella bruna sfacciata e senza niente addosso.

Olympia


Due anni dopo (1865), Manet si presentò con un’altra tela considerata scandalosa, “Olympia”, che si rifaceva alla Venere d’Urbino di Tiziano.

Édouard Manet
Olympia
1863
Parigi – Museo d’Orsay

Il dipinto rappresenta una ragazza, una prostituta, (Olympia era un nome molto diffuso nella categoria), stesa su un letto sfatto, e con lo sguardo rivolto verso lo spettatore.
La donna si presenta con un’orchidea nei capelli, e ornata solo da un bracciale d’oro, da un sottile collarino di velluto con una perla a goccia, e con una ciabattina ciondolante sul piede sinistro, ma per il resto è completamente nuda.
Il suo corpo rispecchia una postura rilassata, e la sua mano sinistra copre la parte intima, in un gesto di apparente pudore.
Accanto a lei una domestica di colore si avvicina per consegnarle un mazzo di fiori, forse un dono ricevuto da un cliente abituale.
Ai piedi del materasso, un gatto nero resta in posizione difensiva guardando nella stessa direzione della ragazza.


Senza alcun vestimento, la moralità della ragazza era ambigua, e aveva il difetto, come scrisse Émile Zola, scrittore e amico di Manet, riferendosi al pubblico maschile, “di assomigliare a molte signorine che conoscete”.
L’opera fu oggetto di un nuovo scandalo nei salotti parigini.

Gli ultimi anni


Nel 1879 comparvero i primi segni di una grave malattia, l’atassia locomotoria di origine sifilitica, che lo avrebbe accompagnato fino alla morte.
Nel 1881 iniziò ad avere i primi riconoscimenti dal suo Paese. All’età di 40 anni, grazie anche all’interessamento del suo amico Antonin Proust, Manet venne insignito del cavalierato alla Légion d’Onore, e premiato presso il “Salon”. La sua arte fu ufficialmente riconosciuta dall’élite accademica dell’epoca.
Ma la sua salute non faceva che deteriorarsi. Tormentato dalle sofferenze fisiche, riuscì comunque a portare a termine tra il 1881 e il 1882 “Il bar delle Folies Bergère”, suo vero e proprio testamento artistico e spirituale.

Édouard Manet
Il bar delle Folies-Bergère
1882
Londra – Courtauld Gallery

Le Folies-Bergère era, ed è tuttora, un celebre locale parigino, che ebbe uno straordinario successo durante la Belle Époque. Vi si tenevano spettacoli di varietà, operette, concerti di canzoni popolari, e Manet lo frequentava assiduamente.
L’opera inquadra un angolo del locale dov’è organizzato il bar.
Una barista, con l’espressione assente, sta in piedi dietro al bancone e, stanca e malinconica, attende che termini la serata. Davanti a lei sono poggiate sul marmo bottiglie di champagne e di birra. Su di una alzata sono esposti delle arance mentre due rose sporgono da un calice.
Alle sue spalle, un grande specchio che occupa tutta la parete, e riflette quanto si trova davanti a lei, ossia un uomo che le sta di fronte, e tutto il salone illuminato dai grandi lampadari con i clienti del locale seduti ai tavolini: uomini del bel mondo con i loro cappelli a cilindro neri e signore eleganti alcune munite di binocolo.
In alto a sinistra si intravedono le gambe di una trapezista che sta deliziando il pubblico con le sue acrobazie.
Più in basso, nella massa quasi indistinta dei clienti, si distinguono un uomo e una giovane donna vestita di chiaro e con i lunghi guanti gialli che conversano; probabilmente, lei è una prostituta e sta contrattando il prezzo della sua prestazione. Difatti il locale era anche noto come luogo di prostituzione.


In quest’opera si assiste ad una adesione piena allo stile impressionista, stile che il pittore aveva contribuito a far nascere, ma dal quale aveva sempre mantenuto le distanze.

La fine lo colse a soli cinquantun anni, in seguito all’amputazione della gamba sinistra divorata dalla cancrena, lasciando 430 dipinti, due terzi dei quali copie, schizzi, opere minori o incompiute.

Alcune opere

Édouard Manet
Il balcone
1868
Parigi – Museo d’Orsay

Il dipinto ritrae, seduta in primo piano, Berthe Morisot, la pittrice che fece parte del gruppo impressionista.
Alle spalle della donna sono Fanny Claus, nota violinista, e Antoine Guillemet, pittore paesaggista.
Il Balcone è l’icona di una classe sociale al suo apogeo: la Borghesia.
Tre persone, di chiara estrazione sociale alto-borghese, sono affacciate al balcone della loro casa probabilmente per assistere ad una parata o una manifestazione pubblica, avente luogo in città.

Édouard Manet
Il pifferaio
1866
Parigi – Museo d’Orsay

Presentato al “Salòn” di Parigi non era piaciuto alla giuria e quindi rifiutato per la troppa asprezza realistica.
Vi è raffigurato un giovane fanciullo della guardia imperiale che suona un flauto militare, un soldato bambino di circa 9 – 10 anni, con la divisa di misura abbondante, dagli occhi profondi e dalle orecchie a sventola appena velate da un diffuso rossore.

Édouard Manet
La lettura
1865-1873
Parigi – Museo d’Orsay
Il dipinto raffigura in primo piano Suzanne Leenhoff, moglie di Manet, in abito bianco seduta sul divano nel salone di casa e, alle sue spalle, di profilo, concentrato in una lettura, Leo Leenhoff, figlio di Suzanne e, con molta probabilità, anche di Édouard Manet.

Édouard Manet
Ritratto di Émile Zola
1868
Parigi – Museo d’Orsay
Il dipinto raffigura Émile Zola, lo scrittore amico di Manet, che in uno scritto prese le sue difese e quelle di tutti i pittori impressionisti.
Zola posa seduto al suo tavolo di lavoro, su cui sono un calamaio, dei libri, una penna, mentre in mano ha la “Histoire des peintures” di Charles Blanc, uno dei testi prediletti da Manet.
Sulla parete, è riconoscibile una riproduzione del quadro di Manet “Olympia”, che aveva suscitato un vivo scandalo, ma che Zola considerava il capolavoro dell’artista.

Édouard Manet
Berthe Morisot con un mazzo di violette
1872
Parigi – Museo d’Orsay
La giovane pittrice impressionista Berthe Morisot è ritratta a mezza figura.
Indossa un abito nero e porta un cappello elegante dello stesso colore, fissato con un nastro intorno al collo.
Sull’abbottonatura dell’abito è appuntato un piccolo mazzo di violette.

Molte delle opere di Édouard Manet, e degli altri pittori impressionisti, sono esposte al Museo d’Orsay, rue della Légion d’Honneur, 1 – Parigi.
Per un approfondimento di questa corrente artistica, se ne consiglia vivamente una visita.

Pio Rotondo

Dove sostare col camper

Camping Paris Bois de Boulogne
2 Allée du Bord de l’Eau – Paris
Gps: 48.868194 N – 2.234833 E
Ci si sposta con la Metro
Aperto tutto l’anno