Cappella Sistina – Il Giudizio Universale

“Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.”
(Vangelo secondo Matteo)

Il Giudizio Universale è un affresco (m. 13,7 x 12,2) della Cappella Sistina in Roma (Musei Vaticani) situato sulla parete retrostante l’altare, progettato e realizzato da Michelangelo Buonarroti.

L’incarico per il Giudizio Universale

 
Papa Clemente VII

Nel 1533, il Papa Clemente VII Medici, affidò a Michelangelo, ormai stabilitosi a Roma, un nuovo incarico: la raffigurazione del Giudizio Universale sulla parete dell’altare della Cappella Sistina. Michelangelo aveva 66 anni, era stanco, si considerava ormai vecchio per dipingere.

Nel 1534, Clemente VII morì senza che ancora la grande impresa fosse iniziata, ma il suo successore Paolo III Farnese fu ben lieto di servirsi di Michelangelo per questo grande progetto.

Michelangelo ne iniziò la lavorazione nel 1536.

Il contesto storico

Dal termine della Volta della Cappella Sistina (1512) erano trascorsi 24 anni, nei quali si erano verificati rilevanti eventi storici:

– La riforma Luterana (1517), che portò alla scissione della chiesa cattolica.
Martin Lutero (Eisleben 1483-1546) monaco agostiniano, presa occasione dalla vendita delle indulgenze avviata nel 1517 da Leone X per finanziare la costruzione della Basilica si San Pietro, enunciò in 95 tesi i suoi principi.

Monumento a Martin Lutero in Worms

La dottrina di Lutero si basava su un passo tratto da uno scritto di San Paolo che comprendeva la seguente frase: “il giusto si salverà per la sua fede”, che stava a significare che la salvezza dell’anima dipendeva dalla fede e non dalle opere. La Chiesa, invece, sosteneva la necessità delle opere di misericordia spirituale ed in particolar modo dei sacaramenti, per poter partecipare al premio della grazia divina: sostenendo l’eliminazione delle opere di misericordia, si eliminava anche la funzione della Chiesa che amministrava i sacramenti.

Papa Paolo III

In Papa Paolo III, succeduto a Clemente VII morto nel 1534, si vide una seria motivazione a riformare la Chiesa. Ma ai suoi vertici ci fu una divisione tra chi capì che gli appunti mossi dai protestanti al papato non erano sprovvisti di fondamento e che era quindi necessaria una riforma in senso spirituale e profondo, e tra chi reagì molto più duramente e cercò lo scontro diretto con il mondo luterano.
Alla fine fu dato maggior spazio a chi faceva parte della seconda fazione, e una riconciliazione fra le parti fu impossibile.
Il livello di intransigenza di Roma si fece sempre più alto. Nel 1542 fu convocato il Concilio di Trento, che aprì l’epoca della Controriforma, cioè della reazione della Chiesa alla diffusione del protestantesimo: il cattolicesimo ridefinì in modo organico la propria dogmatica e condannò tutte le teorie ritenute eretiche, tra cui in particolare il luteranesimo.

– Il Sacco di Roma (1527).
Il pontificato di Clemente VII Medici dovette subire il duro colpo del Sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi, soldati mercenari di Carlo V, che marciarono sulla città abbandonandosi alla devastazione e alla carneficina. Per tutti quanti gli abitanti fu un trauma, e per il papato un’umiliazione: la supremazia culturale di Roma iniziava seriamente a vacillare.

In questo contesto, “Il giudizio universale” costituì uno spartiacque della storia dell’arte e del pensiero umano. All’uomo forte e sicuro dell’Umanesimo e del Rinascimento subentrava una visione caotica e angosciata, nella totale mancanza di certezze, che rispecchiava la deriva e le insicurezze della nuova epoca.

Il Giudizio Universale

Il Giudizio Universale
1536 – 1541
Dimensioni m. 14 x 12

Nel Giudizio Universale, Michelangelo rappresenta il momento in cui gli angeli suonano le trombe per lo scatenarsi dell’Apocalisse. Cristo risuscita i morti e chiama con sé in Paradiso i giusti ordinando agli angeli di scaraventare i dannati nell’inferno.

Linee compositive

Dopo la fase di concezione dell’opera, Michelangelo inizia il colossale affresco nel 1536, ventiquattro anni dopo il completamento della volta della Cappella. L’artista toscano illustrò il tema del Giudizio universale con una antologia di scene basilari e più di 400 figure che in parte trassero spunto dalla Divina Commedia di Dante Alighieri.

La grandiosa composizione può essere suddivisa in quattro aree:

  1. Le lunette
  2. Cristo giudice e Maria Vergine circondati da Santi e Beati
  3. Angeli, Eletti in movimento ascendente, Dannati in movimento discendente
  4. Corpi risorgenti, Inferno, Caronte e Minosse.

Le Lunette

Lunetta sinistra
Lunetta destra

Nelle due zone semicircolari, sopra il Cristo Giudice, alcuni angeli portano gli strumenti della passione di Cristo: la croce sulla quale fu crocefisso, la corona di spine, la colonna della Flagellazione, la spugna con cui era stato abbeverato.
Sono angeli atletici, che non hanno le ali, giovani uomini che si librano nello spazio, secondo quello che è un uso piuttosto diffuso nella pittura di Michelangelo.
Gli angeli presentano gli strumenti della passione perché questa è la via della salvezza:

“qui propter nos homines et propter nostram salutem, ….. crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato, passus et sepultus est.”
“Per noi uomini e per la nostra salvezza ….. fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.”
(Preghiera del Credo)

Cristo Maria Vergine Santi e Beati

Questa area presenta al centro, in primo piano, il maestoso Cristo giudice, in piedi sulle nubi, con un braccio alzato, che fa vedere la piaga del costato, in un gesto collerico di dannazione mentre con la mano sinistra chiama gentilmente a sé i beati. É una figura erculea, possente, quasi una statua antica che prende vita alzandosi e, fatto singolare, non ha la barba, caso unico nell’iconografia sacra del suo secolo, ma anche di tutti i tempi moderni. Sui piedi sono ancora visibili i segni lasciati dai chiodi.
Accanto a Cristo è la Vergine che volge rassegnato il capo verso il basso, in attesa di conoscere l’esito del giudizio.
La Madonna ha un atteggiamento che viene interpretato come di timore, di ritrosia, e si raccoglie in sé stessa, stringendosi nel mantello, spaventata di fronte allo spettacolo terribile della punizione dei reprobi.
Non chiede clemenza al figlio, rifugge dal suo ruolo di avvocata dell’umanità, nel quale è stata sempre invocata:

“Eia ergo, advocata nostra, illos tuos misericordes oculos ad nos converte.”
“Orsù dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi i tuoi occhi misericordiosi.”
(Preghiera Salve Regina)

Intorno alle due figure della Madre e del Figlio, sono disposti i grandi Santi, che attendono con ansia di conoscere il verdetto. Alcuni di essi sono facilmente riconoscibili dai loro simboli.
Nella parte a sinistra del Cristo si possono riconoscere Sant’Andrea, girato di spalle, con la sua croce in mano, mentre nella parte destra San Pietro con le due chiavi del Paradiso, nell’atto di restituirle, perché non serviranno più ad aprire e chiudere le porte del regno dei cieli.
Ai piedi del Cristo due santi coi simboli del loro supplizio: a sinistra, San Lorenzo con la graticola, a destra San Bartolomeo, scorticato vivo, che con la mano destra regge un coltello e con la sinistra la sua stessa pelle, sulla quale appare l’autoritratto deformato di Michelangelo.

Angeli

Al centro, alcuni angeli dell’Apocalisse risvegliano i morti al suono delle lunghe trombe, altri reggono i libri dei dannati e degli eletti. Il libro dei dannati è grande e pesante al punto che deve essere sorretto da due angeli, mentre il libro degli eletti, cioè di coloro che si salvano, è di dimensioni ridotte, ad indicare che il numero dei beati è molto inferiore a quello dei dannati.

Gli eletti e la resurrezione della carne

In alto, i giusti salgono verso il cielo. Tra questi alcuni risorgenti, appesi ad un rosario, potente catena di preghiere, vengono tirati su da un angelo, altri si fanno aiutare, nella risalita, da altre persone, che li tirano per le braccia.

In basso, è rappresentata la scena della resurrezione della carne. I personaggi si riappropriano a poco a poco del proprio corpo. C’è chi si sta svegliando, chi addosso ha ancora le ossa, chi si sta alzando e chi viene tirato su da un angelo.
Tutti vorrebbero salvarsi, ma i corpi dei risorti si avviano al loro duplice destino.

I Dannati e l’Inferno

In alto, sono rappresentati i dannati che tentano di ascendere al cielo, ma vengono ostacolati, da angeli o da demoni, nel loro tentativo di scampare all’eterna dannazione, e ricacciati giù verso il fuoco infernale. Figura simbolo della disperazione è il dannato, accanto al gruppo degli angeli, rannicchiato e avvolto da serpenti, che con il volto coperto dalla mano, viene trascinato in basso.

Dalla vicina caverna, arrossata dal riflesso delle fiamme, i diavoli si sporgono per ghermire le anime che hanno ormai un destino di dannazione.

Nella visione drammatica dell’inferno, la presenza dei ricordi della Divina Commedia di Dante Alighieri è molto viva e leggibile, visto che Michelangelo era un attento lettore e interprete del poema dantesco.
Il terribile barcaiolo infernale Caronte traghetta i dannati che percuote a colpi di remo e li obbliga a scendere dalla sua imbarcazione.

“Caron dimonio, con occhi di bragia
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia”
(Dante – Divina Commedia – Inferno)

In basso a destra, i dannati vengono condotti davanti a Minosse, giudice infernale, che si avvolge la coda a serpentina intorno al corpo assegnandoli ai diversi gironi dell’inferno.

“Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l’intrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia.”
(Dante – Divina Commedia – Inferno)

Il primo a rimanere sconvolto dalla visione del Giudizio Universale fu papa Paolo III. Le cronache dell’epoca narrano che nel momento in cui il Giudizio venne svelato al pubblico, durante le solenni celebrazioni della vigilia di Ognissanti del 1541, il pontefice si prostrò dinnanzi all’opera.
A mani giunte iniziò a pregare per il perdono dei propri peccati nell’ultimo giorno del mondo.

La Censura e il Restauro

L’opera suscitò sia ammirazione sia scandalo soprattutto per i corpi nudi dei personaggi biblici raffigurati. Ma secondo Michelangelo, essendo risorti nel giorno del Giudizio, uomini e donne dovevano essere nella integrale nudità del loro corpo recuperato e ritrovato.

Il Concilio di Trento (1545 – 1563) dettò norme anche per la produzione artistica commissionata dalla Chiesa, decretando il bando alle immagini di nudi.

Nel 1564, quando Michelangelo era già morto, venne decisa la censura dei nudi “scandalosi” del “Giudizio Universale” nella Cappella Sistina.
L’incarico di dipingere i panneggi di copertura delle parti intime delle figure, le cosiddette “braghe”, fu data a Daniele da Volterra, un seguace di Michelangelo, da allora noto come il “braghettone”, anche se non è stato l’unico a mettere “le mutande” ai santi, altri interventi furono eseguiti per lo stesso motivo alla fine del Cinquecento e nei due secoli successivi.
La maggior parte delle braghe fu dipinta a tempera sopra l’affresco originale, che quindi si è conservato al di sotto delle ridipinture, ma per due Santi: Santa Caterina d’Alessandria e San Biagio, al di sotto dei rimaneggiamenti, non vi è più l’affresco originale.

Successivamente, i fumi delle candele e le colle date per tentare di aumentare la luminosità dell’affresco finirono col formare un velo scuro di sporco che ne impediva la piena leggibilità.

L’intervento di restauro realizzato tra il 1990 e 1994 ha permesso di recuperare la nitidezza dei colori, il vigore delle forme, la definizione dei particolari e l’unità complessiva dell’opera.
All’atto del restauro della parete, si era molto discusso se asportare o meno le coperture dei nudi. Alcuni studiosi speravano che venissero eliminate del tutto le censure che offendevano gravemente non soltanto l’estetica ma la spiritualità di Michelangelo.
Si addivenne, invece, ad un mediocre compromesso decidendo di lasciare soltanto gli interventi più antichi, come documentazione storica delle scelte ideologiche del Concilio di Trento, e di cancellare i rifacimenti successivi.

Giovanni Paolo II, durante la messa dell’8 aprile 1994 tenuta nella Cappella Sistina per celebrarne la riapertura dopo il restauro, ebbe a dire: “La Cappella Sistina è proprio il santuario della teologia del corpo umano” ed “è una testimonianza alla bellezza dell’uomo creato da Dio come maschio e come femmina”; in essa Cristo ha espresso “l’intero mistero della visibilità dell’invisibile”.


Pio Rotondo


Dove sostare col camper

A Roma ci sono molte aree di sosta e camping
Segnalo quelle conosciute e utilizzate:

Area Sosta Camper Park Colombo
Via Cristoforo Colombo, 170
00147 Roma
Gps: 41.862688 – 12.497057
Parcheggio auto con stalli dedicati ai camper – indispensabile prenotare
Vicino al centro di Roma – fermata autobus di fronte al parcheggio
Camper service – elettricità – vigilato 24h

Area Camper L.G.P. Roma
Via Casilia, 700
Roma
Gps: 41.875500N, 12.554750E
Molto capiente
In periferia – Tram per il centro
Camper service – elettricità – wc – docce

Camping Village Fabulous
Via di Malafede, 205
Roma
Gps: 41.777295N – 12.395923E
Tel.: 065259354
In periferia – metà strada tra Roma e Ostia
Tutti i comfort di un campeggio