I Decumani di Napoli – Spaccanapoli


La parola che meglio racchiude l’essenza della città di Napoli è “stratificazione”. Nel centro antico a dieci-quindici metri di profondità vi sono resti della città greca sui quali è stata costruita quella romana e pian piano tutte le altre. Ma ancor prima che geologica, artistica ed architettonica, la stratificazione che caratterizza Napoli è sociale e culturale.
Nelle pietre, nella lingua parlata, nei modi di fare e comportarsi degli abitanti, questa città è fusione di centinaia di civiltà mai del tutto sovrapposte, ma mescolatesi, in modo da aggiungere ognuna un tassello a quello che già c’era.

Decumani e Cardini

Durante l’epoca greca (VI secolo a.C.) furono costruite le tre strade di Napoli che costituiscono, oggi, il centro antico della città: i Decumani.
Le tre vie principali venivano poi tagliate perpendicolarmente da strade più piccole, dette cardini.

Il Decumano inferiore detto Spaccanapoli comprende: Piazza Gesù Nuovo, via Benedetto Croce, via San Biagio dei librai, via Vicaria vecchia.
Il Decumano centrale, o Maggiore, comprende: Piazza Bellini, via dei Tribunali, Castel Capuano.
Il Decumano superiore comprende: via della Sapienza, Via Anticaglia.

Il Decumano inferiore o Spaccanapoli

Chiamato comunemente Spaccanapoli, il Decumano inferiore è famoso per la sua linearità.

Il Decumano inferiore o Spaccanapoli.
Visto dall’alto, divide la città antica in due parti: quella nord e quella sud.
In primo piano, col tetto verde, si nota la Basilica di Santa Chiara.

Piazza Gesù Nuovo

La piazza del Gesù Nuovo, collocata sul decumano inferiore, è la piazza simbolo del centro storico di Napoli. Interamente pedonale, è dominata dall’imponente obelisco marmoreo dell’Immacolata ed è racchiusa dalla Chiesa del Gesù Nuovo, dal monastero di Santa Chiara e da storici palazzi nobiliari quali, il Palazzo Pandola, il Palazzo Pignatelli di Monteleone, il Palazzo Professa (attuale liceo “Eleonora Pimentel Fonseca”) ed il palazzo delle Congregazioni (attuale liceo “Genovesi”).

Piazza Gesù Nuovo
Al centro: l’obelisco dell’Immacolata;
alle spalle: la Chiesa del Gesù Nuovo;
in fondo: il campanile della Basilica di Santa Chiara.

Al centro della piazza si erge uno dei tre grandi obelischi della città: l’obelisco dell’Immacolata. Gli altri due sono quello di San Domenico e quello di San Gennaro.
L’opera, alta 22 metri, è rivestita da decorazioni marmoree che la rendono uno dei maggiori esempi di scultura barocca a Napoli. Sulla sommità dell’obelisco, coronata di stelle, è posta la statua di rame dell’Immacolata, un rame ormai ossidato col tempo, tanto da perdere il suo colore originario e diventare azzurro-verde.

L’obelisco dell’Immacolata.
La Guglia barocca dell’Immacolata è il più celebre fra gli obelischi di Napoli.
Alla sommità vi è la caratteristica statua dell’Immacolata.
Con la ricorrenza dell’Immacolata, l’8 dicembre, davanti ad una piazza gremita, i vigili del fuoco posano sul capo della Madonna una corona di fiori.
E qui la storia si intreccia con la leggenda:
Si dice che in talune ore del giorno, in particolare all’alba e al tramonto, il velo che avvolge il capo della Madonna appare come un volto stilizzato, con lo sguardo fisso verso il basso. Secondo alcuni questo sarebbe il volto della Morte, con tanto di gobba e scettro.

Alle spalle della guglia, si erge l’imponente facciata della chiesa del Gesù Nuovo. La Chiesa è in realtà nata dalla struttura architettonica di un precedente palazzo nobiliare: Palazzo Sanseverino, del quale conserva la facciata.

La facciata della Chiesa di Gesù Nuovo.
È uno dei rarissimi esempi di bugnato a punta di diamante, una tecnica architettonica utilizzata per dare maestosità all’edificio.

Il palazzo fu edificato nel 1470, per espresso volere del principe di Salerno, Roberto Sanseverino, e rimase alla famiglia fino al 1552, anno in cui il Viceré spagnolo Pedro di Toledo tentò di instaurare in città l’inquisizione spagnola. Ma Ferrante Sanseverino, figlio di Roberto, si mise a capo di un’insurrezione popolare, riuscendo ad evitare il volere dei monarchi scongiurando l’instaurazione dell’inquisizione. Non riuscì però ad evitarne le conseguenze. I beni della famiglia furono confiscati e messi in vendita, mentre lui fu condannato all’esilio.
Nel 1584, i Gesuiti acquistarono il palazzo, ma alcuni fonti sostengono che in realtà il palazzo non sia stato venduto, bensì donato ai Gesuiti, i quali lo adattarono a Chiesa, sventrando completamente la struttura originaria e lasciando in piedi solo la facciata ed il portale di marmo.

L’Enigma del Gesù Nuovo

La Chiesa del Gesù Nuovo si presenta con una grande facciata a bugne piramidali in piperno, al di sotto delle quali qualcuno ha inciso dei segni, ancora visibili. Quando si provò a trovare una spiegazione per queste incisioni, la tesi più plausibile fu che servivano a identificare le cave di provenienza dei blocchi di piperno.
Ma la storia si mescola alla leggenda in una miscela di religiosità ed esoterismo.
I simboli potevano essere collegati a delle proprietà magiche delle bugne che, sistemate correttamente sulla facciata, avrebbero dovuto far convergere sulla costruzione energie positive e protettrici.
Probabilmente, gli artigiani pipernai, che vi avevano lavorato, collocarono le bugne in modo sbagliato, poiché anziché attirare energia positiva, attirarono in quest’area ogni genere di sventura.

Nel 2010 lo storico dell’arte Vincenzo De Pasquale, coadiuvato da altri professionisti, ha identificato in questi segni sulle bugne delle lettere in aramaico, la lingua di Gesù, in numero di sette, come le note musicali. Quindi la facciata non sarebbe altro che un enorme spartito musicale da leggersi da destra verso sinistra e dal basso verso l’alto, e la musica che ne è venuta fuori è stata intitolata “Enigma”.

L’interno della Chiesa del Gesù Nuovo, in stile barocco.

Cappella della Visitazione.
La seconda cappella a destra (detta anche della Visitazione) è dedicata a san Giuseppe Moscati, il medico santo, canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1987.

Complesso Monastico di Santa Chiara


Nell’anno 1310, il re angioino Roberto I detto il Saggio e la devota moglie, Sancia di Maiorca, decisero di innalzare poco fuori le mura della città medievale una basilica con annesso convento.
Il complesso di Santa Chiara fu tra le prime strutture ad ospitare sia un monastero femminile, quello delle Clarisse, che uno maschile, grazie all’autorizzazione elargita da Papa Clemente V il 20 giugno del 1312.

Santa Chiara nacque come cappella di corte e fu il centro naturale delle manifestazioni religiose e civili del periodo angioino a Napoli. In essa, inoltre, trovarono sepoltura i regnanti della dinastia, i loro discendenti e anche i più importanti dignitari della corte.
Successivamente, anche i Borbone furono sepolti in questa chiesa.


Per far affrescare la Basilica, Roberto d’Angiò scelse il migliore pittore dell’epoca: Giotto.
Purtroppo, durante il Seicento, le immagini giottesche furono occultate sotto strati di stucco.

Il 4 aprile del 1943, un bombardamento sventrò la basilica riducendo a macerie gli abbellimenti avvenuti durante il periodo Barocco. Miracolosamente si salvò il Chiostro maiolicato.
Alla fine del conflitto mondiale una nuova ristrutturazione restituì al popolo la sua Chiesa, riportando alla luce il vecchio stile gotico.

La facciata della Basilica di Santa Chiara, con ingresso costituito da un grande portale gotico del XIV secolo.

L’interno della Basilica.
Altare Maggiore con Crocifisso ligneo e Monumento funebre a Roberto d’Angiò.

Il Chiostro maiolicato di Santa Chiara, originariamente di matrice gotica, fu trasformato nel 1742 da Domenico Antonio Vaccaro che ne rivestì la struttura e i ben 72 pilastri ottagonali di stupende mattonelle policrome in gusto rococò, disegnate dallo stesso Vaccaro e realizzate da “riggiolari” napoletani.
Le maioliche presentano decorazioni che riprendono viti, fiori e campi e rappresentazioni di scene agresti e mitologiche.

Piazza San Domenico Maggiore

I fantasmi non esistono,
li abbiamo creati noi,
siamo noi i fantasmi.

Eduardo de Filippo – Questi fantasmi


San Domenico Maggiore è una delle piazze più caratteristiche e romantiche di Napoli che rappresentava il limite orientale delle mura greche dell’antica neapolis.
Il nome deriva dalla Chiesa gotica fatta costruire da Carlo II d’Angiò nel 1283.

Piazza San Domenico Maggiore.
La piazza ruota intorno all’obelisco di San Domenico, ex voto da parte dei napoletani, un omaggio al Santo per aver placato un’epidemia di peste nel 1656.
Ricca di marmi, bassorilievi, medaglioni e statue, la cosiddetta guglia di San Domenico termina con una piramide sormontata da una pregevole statua bronzea del santo.


La piazza svolge un ruolo di centro aggregante e di attrattiva sia per la popolazione locale sia per i turisti. È tra i luoghi della movida notturna preferita dai napoletani, ci si incontra per trascorrere una serata piacevole seduti comodamente ai tavolini di uno dei tanti bar o per chiacchierare passeggiando nei vicoletti limitrofi.

I “Fantasmi” di Piazza San Domenico

La piazza è contornata da edifici blasonati dove dimorò l’aristocrazia napoletana, ognuno con una propria storia, ognuno con una propria leggenda.

Palazzo Petrucci, dove nel 1487, il proprietario Barone Antonello Petrucci fu coinvolto nella congiura dei Baroni contro Ferrante d’Aragona. Furono scoperti e furono giustiziati in Castelnuovo, e pare che le teste di questi siano state sepolte in questo palazzo.
Ancora oggi, c’è chi giura di aver ascoltato strane voci, e visto strane presenze, in questo palazzo.

Ma c’è un altro palazzo in questa piazza che ne ha viste tante: Palazzo San Severo, la dimora maledetta. In questo palazzo avvenne uno dei più efferati delitti d’onore. Il 17 ottobre del 1590, Il Principe di Venosa, Carlo Gesualdo, un famoso madrigalista, sorprese la moglie, Maria d’Avalos, con l’amante Fabrizio Carafa, il Duca d’Andria. Fece uccidere immediatamente i due amanti dai suoi servi.
Resta il fatto che nelle notti senza luna, nello spazio tra la guglia e il portone d’ingresso del palazzo, si può vedere il fantasma di Maria d’Avalos con un volto triste, accompagnato da una lamentela continua, sempre alla ricerca del suo amore: Fabrizio.
Questo episodio, probabilmente, ha ispirato l’attore e commediografo napoletano Eduardo De Filippo nella realizzazione di una delle sue principali commedie “Questi fantasmi”.

Piazzetta Nilo e Largo Corpo di Napoli


La chiesa di Sant’Angelo a Nilo è ubicata in Piazzetta Nilo, che prende il nome dalla statua del dio Nilo presente nell’adiacente largo Corpo di Napoli, e voluta dalla comunità alessandrina molto presente duemila anni fa, nella florida Napoli greco-romana.

La Chiesa di Sant’Angelo a Nilo, si trova tra via Mezzocannone e piazzetta Nilo.
Fu edificata nel 1385 dal Cardinale Rinaldo Brancaccio, e ora ne conserva le spoglie.
La facciata su piazzetta Nilo presenta un elegane portale del XV secolo.

La Cappella Brancaccio
La Chiesa di Sant’Angelo a Nilo è conosciuta anche con il nome di Cappella Brancaccio in quanto al suo interno, è conservato il Sepolcro del cardinale Rinaldo Brancaccio.
Il sepolcro presenta un bassorilievo rappresentante “L’Assunzione delle Vergine”, realizzato da Donatello.


Al centro del largo “Corpo di Napoli” domina la statua del dio Nilo, scolpita nel corso del II secolo d.C., quando in luogo si stanziarono, per motivi commerciali, gli alessandrini. Di fatto furono proprio questi che vollero far erigere una scultura che ricordasse loro il paese d’origine.

La statua del dio Nilo.
Rappresenta il Dio Nilo che giace sdraiato, possente e muscoloso con il viso arricchito da una barba lunga. Porta una cornucopia nella mano destra, adornata con fiori e varia natura, simbolo della fertilità propria del fiume egizio, ed ha il braccio sinistro posato su una piccola sfinge.

Via San Gregorio Armeno

Gli esseri umani si dividono in presepisti ed alberisti,
e questa è una conseguenza della suddivisione del mondo
in mondo d’amore e mondo di libertà.

Luciano De Crescenzo – Così parlò Bellavista


È una strada cardine, cioè di collegamento tra il Decumano Inferiore, l’odierna Spaccanapoli, e quello superiore, l’odierna via Tribunali.
La via è famosa per i suoi artigiani e per i laboratori specializzati nella creazione delle statuine del presepe (pastori).

San Gregorio Armeno è una via del centro di Napoli, diventata famosa in tutto il mondo per essere il centro espositivo delle botteghe artigianali che realizzano presepi. Forse però dovremmo parlare più che di semplici presepi, di vere e proprie opere d’arte.
Per fare una passeggiata a San Gregorio Armeno non è necessario trovarsi a Napoli sotto Natale, è una cosa possibile fare in qualsiasi periodo dell’anno.

Il Presepe Napoletano.
Napoli è, senza dubbio, la città più legata alla storia e al culto del presepe.
Il presepe napoletano classico è una rappresentazione della nascita di Gesù ambientata tradizionalmente nella Napoli del Settecento.
È proprio il ‘700 il secolo d’oro dell’arte del presepe a Napoli; la città, ridivenuta capitale di un regno, con Carlo III di Borbone, vede rifiorire tutte le arti. L’arte del presepe si laicizza arricchendosi di elementi e personaggi che ricordano la vita quotidiana, con le miserie del popolino e gli splendori della nobiltà.

Pio Rotondo

Dove sostare col camper

A Napoli

I.P.M. Parcheggio Sosta Camper
Parcheggio con piazzole per camper
Viale Colli Aminei, 27
Napoli
Tel.: 0817411111
Custodita – Aperta 24 ore su 24
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Autobus per il centro.

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Area sosta per camper
Via Guantai ad Orsolone
Parco Urbano dei Camaldoli
Napoli
Tel: 3683253136