Armenia – Un racconto di contraddizioni


Premessa
Il presente articolo, che tratta di un viaggio fatto dal mio amico Giordano Nicoletti nell’anno 2014, e a suo tempo inviatomi per la pubblicazione, venne inserito in un numero della rivista “ChaChario”, notiziario ufficiale del Camper Club “Challenger & Chausson”.
L’amico Giordano non è un camperista, ma un grande appassionato di viaggi e turismo, e cerca, come lui stesso ha scritto, dei viaggi sempre un po’ strani.
Pur se risale ad alcuni anni fa, Giordano ed io, di comune accordo, abbiamo ritenuto questo articolo ancora di valido interesse turistico e culturale, decidendone per una nuova pubblicazione.
In calce alla stesura originale, l’autore ha, per l’occasione, inserito particolari note e consigli a beneficio di coloro che volessero intraprendere un viaggio in tali zone, vista la situazione attuale di latente belligeranza e di precaria incertezza esistente in alcune parti del Paese.

Pio Rotondo


Quello che segue è un racconto di contraddizioni.
La prima?
Fatico ancora a capire perché mi sia stato chiesto di fare un diario del mio viaggio in Armenia, viaggio fatto in aereo, con alloggi in alberghi quattro stelle nella piazza centrale delle città visitate, e spostamenti in pulmino Mercedes, da pubblicare su una rivista di camperisti, gente dura, abituata ad alloggi spartani, che sosta in aree lontane dal centro città.
Cosa posso dire che li interessi?
Ci ho pensato a lungo, poi contravvenendo a quanto sempre da me sostenuto (importante non è la meta, ma il viaggio per raggiungerla), ho iniziato a scrivere e, scrivendo, mi veniva sempre più voglia di raccontare l’Armenia, questa meta di viaggio non frequente, e il perché ci sono andato e soprattutto cosa vi ho trovato.

Dunque, perché ci sono stato.
Potrei dire quello che disse Sir Hillary quando gli chiesero perché fosse andato a scalare l’Everest “passavo di lì”, ma non direi la verità.
Io non passavo per l’Armenia, anzi per arrivarci partendo da Bologna ho preso prima un aereo per Vienna (1,30 hr. di volo), poi da qui un altro per Yerevan, la capitale (3,50 hr. di volo con in più i ritardi portuali e aggiungendo due ore di fuso) per un totale di ore otto di viaggio. A dire il vero è possibile arrivarci anche in camper attraverso la Georgia; un po’ lungo ma fattibile visto che abbiamo incontrato nel viaggio due coppie di Torino che appunto avevano fatto questa strada.

Ma torniamo al perché del viaggio.
Io e Brunella (mia moglie) assieme ad una coppia di amici dal 1999 facciamo viaggi “strani” in cui cerchiamo di non seguire rotte turistiche tradizionali. Ad esempio, siamo stati sul Cammino di Santiago (nel 1999 quando ancora non era una meta così conosciuta) o abbiamo fatto il giro dei castelli Catari, tra Francia e Spagna, dove gli Italiani erano merce sconosciuta e noi quattro venivamo scambiati per Catalani; o ancora siamo andati in giro per Marsiglia nei luoghi dei romanzi di Jean-Claude Izzo (consigliatissima la sua trilogia).

Yerevan, la Capitale dell’Armenia – Piazza della Repubblica.
Per gli armeni si parla di Hraparak, (piazza cittadina), in quanto è situata al centro della città.
La piazza ospita cinque degli edifici più importanti della città: Due Palazzi del Governo, il Palazzo dei Musei, il palazzo dei Sindacati e l’hotel Marriott, uno degli alberghi più prestigiosi della nazione.
Al lato della piazza si trova inoltre un grande bacino con fontane danzanti che si muovono al ritmo della musica.

Yerevan – La Cascata.
Si tratta di una colossale scalinata in pietra calcarea la cui conformazione ricorda proprio una cascata.
Dall’alto è possibile ammirare il monte Ararat e una vista panoramica del centro di Yerevan.
All’interno sale espositive compongono il Museo d’Arte Moderna.
Alla base della costruzione un giardino con diverse sculture d’arte contemporanea, alcune di esse attribuite al famoso artista Fernando Botero.

Insomma, probabilmente il motivo dei nostri viaggi è la voglia di stupire al ritorno gli amici e di sentirci chiedere: “Dove siete andati?”, ma anche la voglia di fare “viaggi esperenziali”.

Yerevan – Monumento Madre Armenia

Dopo Santiago, Gerusalemme, Monte S.Angelo (tutte mete di pellegrinaggio medioevali) ecco l’Armenia, prima Nazione ad abbracciare il Cristianesimo come religione di stato (nel 303 a.c. ancora prima di Roma e dell’imperatore Costantino).
Il Cristianesimo lì si diffuse per l’opera evangelizzatrice di S. Gregorio l’Illuminatore (sì proprio quel S.Gregorio Armeno a cui a Napoli è intitolata la strada dei presepi).
Quindi anche ricerca delle origini; le origini etico-culturali di noi europei che sono le stesse per tutti, credenti e non.

Yerevan – Memoriale del Genocidio armeno.
Una delle pagine più tristi della storia armena è sicuramente il genocidio perpetrato dagli ottomani tra il 1915 e il 1916 con deportazioni e uccisioni che causarono la morte di 1,5 milioni di persone.
Per non dimenticare, il Memoriale del Genocidio fu eretto alla fine degli anni ’60, sulla collina di Dzidzernagapert.

Poi come turismo letterario.
Avete mai letto i due libri scritti da Antonia Arslan sull’eccidio degli Armeni nel 1915?
Un milione e mezzo di Armeni sono stati sterminati dai turchi nella più totale indifferenza delle grandi potenze impegnate a massacrarsi reciprocamente negli anni della prima guerra mondiale.

Ultimo motivo, per turismo geografico (e qui forse ci veniamo a trovare in un campo di reciproco interesse).

I mercati locali.
Se nel centro città ci si può sentire in una capitale europea, pochi passi separano dalla realtà caucasica, dove nelle shuka (i mercati locali) si riesce a trovare di tutto. Dal vestiario agli utensili, per poi passare alle bancarelle colme di frutta, verdura, formaggi, spezie e pani.

La Periferia.
Fuori dal centro città, ci sono ancora i segni del periodo sovietico: stradoni desolati, edifici residenziali abbandonati o in decadenza, scheletri arrugginiti delle fabbriche in disuso.

Quindi adesso vi parlerò dell’Armenia e di cosa ci abbiamo trovato.
L’Armenia oggi è solo 1/10 di quella storica che era compresa in parte nell’Impero Ottomano (tutta l’Anatolia era abitata da Armeni) ed in parte nell’Impero Russo.
La Repubblica d’Armenia oggi deriva dalla Parte russa. Per 70 anni è stata una delle Repubbliche Socialiste Sovietiche; è divenuta stato indipendente nel 1991.
Ancora prima di divenire autonoma (1988) si è scontrata con un terremoto che ha devastato quasi metà del territorio; subito dopo l’indipendenza ha affrontato una guerra quinquennale con L’Azerbaijan per il controllo di una minuscola striscia di terra abitata completamente da Armeni (il Nagorno Karabakh), ma facente parte del territorio Azero.

La città di Etchmiadzin, a volte indicata con il suo vecchio nome di Vagharshapat, si trova a circa 20 km. da Yerevan.
È la Capitale teologica dell’Armenia ed è anche la sede del Catholicos, il Primate della Chiesa Apostolica Armena.
La Cattedrale di Etchmiadzin (che significa “discesa dell’unigenito figlio”) fu costruita all’inizio del IV secolo, subito dopo l’adozione del Cristianesimo come religione di Stato.

Tempio di Zvartnots. (Tempio del Paradiso degli Angeli).
Dista circa 20 km. da Yerevan.
Fu eretto a metà del VII secolo ed è considerata una delle meraviglie architettoniche dell’Armenia.
Tradizionalmente si trova nel posto dove si sono incontrati il re Tiridate III e San Gregorio l’Illuminatore, dopo la liberazione del Santo dalla prigione.

Tempio di Garni. Il “Tempio del Sole” di Garni è un Tempio pagano, risalente al III secolo a.C., dalle linee ellenistiche.

Questi eventi hanno fatto sì che oggi l’Armenia sia una nazione povera, ricca però di contraddizioni; una terra in cui trovi tutto ed il suo contrario. Tre milioni di abitanti di cui la metà vivono a Yerevan (la capitale) perciò è completamente differente dal resto del paese: più ricca e più europea. Ma, e qui ecco altre contraddizioni, la ricchezza non è egualmente diffusa e per le strade girano o splendidi SUV o vecchie Zigulit (le Fiat 124 costruite in Russia trent’anni fa); e sono molto più europee, eleganti ed alla moda, le ragazze e le donne in generale, rispetto agli uomini che sembrano molto più “asiatici” nei lineamenti e negli abiti. Tutti comunque sono molto gentili e disponibili, certamente un popolo cortese, orgoglioso che vive nel rimpianto della passata grandezza della Nazione Armena.

Monastero di Geghard.
Risale al IV secolo ed è parzialmente scavato direttamente nella roccia della montagna, nella gola del fiume Azat.
Conosciuto anche come “monastero della lancia” perché secondo la leggenda conserva un frammento della lancia che trafisse il corpo di Cristo, durante la crocifissione e che, secondo la leggenda, sarebbe stata portata in Armenia dall’Apostolo Taddeo.

Monastero di Khor Virap (pozzo profondo), e Monte Ararat (5.137 m.), dove, si dice, vi fu l’approdo dell’Arca di Noè al termine del Diluvio.
Alla fine del III secolo d.C., durante il regno di Tiridate III, Khor Virap era una fortezza adibita a prigione.
La leggenda narra che qui venne rinchiuso San Gregorio Illuminatore, considerato il padre della Chiesa apostolica armena.
Tiridate III aborriva il cristianesimo e i seguaci della religione veniva perseguitati ferocemente. San Gregorio rimase per 13 lunghi anni imprigionato in un pozzo (da qui il nome khor virap, ovvero pozzo profondo), sopravvivendo grazie ad alcune donne che gli portavano di nascosto da mangiare.
Il re si ammalò gravemente. La sorella del re, che aveva ricevuto in sogno la descrizione dei poteri del prigioniero, lo fece liberare.
San Gregorio guarì prontamente il re, e Tiridate III, per sdebitarsi, si convertì al cristianesimo e la consacrò come religione di stato nel 301 d.C.

Khachkar nel Monastero di Khor Virap.
I khachkar (da khatch “croce” e kar “pietra”) sono tra le creazioni dell’arte religiosa armena più originali e più emblematiche.
Questi cippi quadrati, che possono avere funzione votiva, commemorativa o funeraria, hanno una o più croci impresse sopra, decorate con arabeschi, fregi e diversi motivi, spesso non figurativi.
Possono trovarsi erette, isolate o raggruppate, in vaste distese cimiteriali, oppure inserite nelle mura degli edifici, o scolpite direttamente nella roccia.

Allevamento ed agricoltura, oltre al turismo, sono le attività economiche su cui il paese punta, ma viaggiando si incontrano chilometri di fabbriche abbandonate, ruderi postmoderni, fantasmi lasciati in eredità dalla economia sovietica. Praticamente impossibili da eliminare o bonificare perché richiederebbero cifre enormi, testimoni muti di un’epoca da molti rimpianta, dove tutti si era poveri uguali, ma con la sanità e la casa ed il lavoro garantiti, mentre adesso la differenza tra ricchi e poveri c’è e si vede e i primi possono pagarsi l’assistenza medica, mentre gli altri no.

Complesso di Noravank (Nuovo Monastero).
È situato a 122 km. da Yerevan in una stretta gola del fiume Amaghu, nota per la sua altezza e per le pareti a picco di colore rosso mattone poste di fronte al monastero.
Comprende tre differenti chiese, la principale è dedicata a San Giovanni il Precursore (Surp Karapet), una nel nome di San Gregorio (Surp Grigor), e un’altra consacrata alla Santa Madre di Dio (S. Astvatsatsin).
Quest’ultima è una Chiesa a due piani con l’accesso al secondo garantito da una stretta scala di pietre sporgenti dalla facciata della costruzione.
Terminata nel 1339, la Chiesa viene considerata l’ultima opera del celebre architetto Momik.

Il costo della vita.
E adesso, essere ricchi o poveri in Armenia è spesso dovuto solo a fortuna o ad un diverso livello etico con cui si affronta la vita di tutti i giorni. Più che spirito imprenditoriale, spirito filibustiere (frammenti di una conversazione avuta con la ragazza che ci faceva da guida). Tanto per capirci gli stipendi medi in Armenia sono 200 € mensili e l’affitto di una casa è sui 100 € al mese.
Perciò gli anziani sono proprietari delle case che il regime dava a tutti, ed i giovani vivono in famiglia perché col lavoro non possono permettersi i costi degli affitti.
E il costo della vita non è molto diverso dal nostro, almeno nella capitale e per noi turisti.

Il lago di Sevan.
È il più grande lago dell’Armenia (e del Caucaso) ed uno dei più grandi laghi d’alta quota al mondo. È situato a 1900 metri di altitudine, e copre una superficie di 940 kmq.
Le sue acque hanno un colore che varia da un azzurro chiaro ad un blu intenso, che donano al paesaggio un aspetto molto particolare e affascinante.
Le sue sponde sono state dichiarate Parco Nazionale.

Sevanavank (Monastero di Sevan).
È un complesso monastico situato su una penisola del lago Sevan, ed è uno dei monumenti più visitati in Armenia.
Sulla penisola, oltre ai resti e fondamenta di chiese ormai non più esistenti, si trovano, perfettamente conservate e accessibili, le chiese di Surb Arakrlots (Apostoli Santi) e di Surb Astvatsatsin (Madre Santa di Dio) entrambe edificate nel 350 d.C., nonché alcuni khachkar (croci di pietra) d’importanza storica.

Cimitero di Noratus.
È la più grande raccolta di steli funerari, la maggior parte di epoca medioevale, di tutta l’Armenia.
Si estendono, a perdita d’occhio, centinaia e centinaia di khachkhar.

Altre contraddizioni? Il monte Ararat.
È il monte sacro per gli Armeni. La leggenda dice che sia il monte su cui si è fermata l’Arca di Noè. Gli Armeni lo possono vedere, ma non toccare. È a pochi chilometri dal confine, ma è in Turchia. E i due stati non hanno rapporti.

Vi dico solo alcune altre cose ancora.
Il cibo è buono, molto “italiano”: molta carne, dolci a base di miele, noci e ciambelle; ottimi formaggi, in genere mooolto saporiti; tante verdure e legumi cotti e crudi che costituiscono “il primo” di pranzo e cena. Ottimi vini e cognac e vodka.
La lingua invece è impossibile con un alfabeto di 39 caratteri e parole incomprensibili (GRAZIE si dice SNORAGALUZIUN; vi risparmio come si scrive). Le indicazioni stradali sono in Armeno e Russo, ma adesso si incomincia a vedere anche qualcosa in caratteri europei.

Donne intente alla preparazione del Lavash.
È il pane armeno, senza lievito e dalla consistenza particolare.
Viene utilizzato da solo, come accompagnamento di pietanze, oppure in rotolini farciti di verdure, carne o formaggio.
La sua cottura avviene nel tonir, parola armena che designa un forno cilindrico d’argilla scavato nel terreno.

Basta, adesso vi lascio, sperando di avervi incuriosito abbastanza perché mettiate l’Armenia fra le vostre mete future.

Note e Consigli

Come postilla a questo articolo, che risale al 2014, ma che ritengo ancora attuale, aggiungo alcune informazioni sulla situazione odierna.

Conflitto tra Armenia e Azerbagian
Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian è un conflitto etnico e territoriale per il possesso della regione caucasica del Nagomo Karabakh, abitata principalmente da etnia armena, e di sette distretti circostanti precedentemente abitati principalmente da azeri.
Alcuni di questi territori sono di fatto controllati dalla autoproclamata Repubblica separatista dell’Artsakh, non riconosciuta a livello internazionale, ma considerata come parte dell’Azerbaigian.
Il conflitto ha le sue origini all’inizio del XX secolo, e si è protratto, con fasi alterne di belligeranza e di pace, fino al 2020, quando, il 27 settembre, ha avuto inizio un nuovo scontro armato tra l’Azerbaigian e l’Armenia.
Dopo duri combattimenti, l’Azerbaijan ha conquistato molti territori prima occupati dall’Armenia, arrivando a pochi chilometri da Stepanakert, capitale del Nagorno-Karabakh, mentre l’esercito armeno è stato costretto a ritirarsi un po’ su tutti i fronti.
Il 10 novembre 2020, grazie alla mediazione del Presidente Russo, Vladimir Putin, è stato siglato un accordo tra Armenia, Azerbaigian e Russia, per la cessazione delle ostilità.
Dopo 44 giorni, la guerra è terminata con la vittoria azera, la sconfitta armena e il successo diplomatico russo.
L’accordo non ha spento del tutto le tensioni e, anche se questo momento segna indubbiamente una svolta all’interno delle complesse dinamiche della regione, la situazione rimane caratterizzata da un’elevata instabilità.

Pericoli locali specifici

Zone di confine con l’Azerbaigian
Le zone colpite dal conflitto sono in parte densamente minate. Le frontiere tra l’Armenia e l’Azerbaigian sono chiuse. Si sconsigliano i viaggi nella regione del Nagorno Karabakh e nelle aree di confine tra Armenia e Azerbaigian.

Zone di confine con la Turchia
Le frontiere sono chiuse. Queste zone sono parzialmente minate. Si consiglia pertanto di limitarsi strettamente alle strade più frequentate.

Trasporti e Infrastrutture
Nelle zone discoste l’approvvigionamento di carburante non è sempre garantito. Fuori dalla capitale le strade, ad esclusione di alcuni assi stradali, sono in cattivo stato. Osservare particolare prudenza al calare dell’oscurità.

Giordano Nicoletti

Foto: Giordano